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Privacy - Gestione e Trattamento dei dati
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“Cercavo sempre al di fuori di me la forza e la fiducia, ma queste vengono da dentro. Sono sempre state dentro per tutto il tempo.”
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L'opportunità trasformativa delle ferite




L’opportunità trasformativa delle ferite
 
 
 
Il termine trauma deriva dal greco τραῦμα (-ατος) "ferita" e può essere considerato come l'effetto di un evento o stimolo percepito come perturbante che tende a stravolgere, ferire appunto, l'organizzazione dinamica raggiunta da un individuo o un sistema.
Il trauma in questa ottica si configura come l'acquisizione violenta di esperienze, piene di carico emotivo e di un significato inaccettabile per la persona ed il suo contesto, al punto da stravolgere completamente l'apprendimento biopsicosociale precedente.
Secondo Pierre Janet, che può essere considerato un pioniere degli studi sul trauma psicologico, un evento traumatico è poco integrabile con l’esperienza precedente. La mancata integrazione porta con sé il rischio di generare una dissociazione psichica e quindi disagio.
Proprio in quanto ferita, rottura di continuità, un evento traumatico innesca una reazione intensa con conseguenze diverse. Per quanto gli effetti del trauma possano essere sempre e comunque visibili, l'esperienza traumatica, proprio perché in rottura con la vita che si sta "percorrendo", può e tende a configurarsi come non raccontabile, inesprimibile.
Appunto perchè indesiderata e foriera di sofferenza diventa difficile da esprimere, diventa evento che si vorrebbe rimuovere. Di contro, rendere visibile una cicatrice, magari ancora sanguinante, per quanto subita, rischia di allargare la ferita perché la si espone agli sguardi degli altri. Perché si appare ormai segnati da qualcosa che non dovrebbe essere lì e la cui presenza non è contemplata in nessuna trama e nessun ciclo di vita.
Ecco allora che il rischio che il trauma diventi non raccontabile con la parola e non arrivi alla mente, ma che rimanga nel corpo, è alto. Ed è qui che la possibilità di esprimerlo attraverso una metafora, un racconto simbolico o poetico, ne trasforma la carica, ne alleggerisce la presenza staccandolo dalla pelle e lo rende raccontabile innescando un processo di accettazione prezioso per l'integrazione nel sè.
Un trauma può stravolgere così il passo e la direzione di chi lo vive, sia perchè in frattura con la propria vita sia per come viene gestito dal traumatizzato.
Ogni persona tenderà a dipingere il trauma in base alla sua trama di vita.
I traumi solitamente assumono una connotazione pervasiva ed invalidante, soprattutto quando tendono alla riattualizzazione che ne ripresenta l'impatto violento e riposiziona la persona in posizione di vittima.
Tuttavia, ci sono possibilità che una ferita, per quanto violenta e inacettabile, generi una reazione diversa, una ricerca di equilibrio, che perturba a sua volta il mondo interno della persona e del sistema in cui riverbera.
Quando, anche di fronte ad una ferita imponente si rimane in ascolto al punto da integrare la propria narrazione con ciò che è traumatico non si genera immobilismo ma una nuova narrazione, traumatica ma più ampia, capace di contenere tutti gli apprendimenti delle trame di vita. Una narrazione espressa, condivisa, è capace di traumatizzare il sistema da cui proviene rendendo dicibile ciò che non lo era… facendo diventare realtà e narrazione ciò che era tremore e silenzio. Rendendo anche opportunità ciò che era sofferenza.
 
Rupi Kaur, similmente al terapeuta sistemico, restituisce un grande racconto che si nutre di arte ed estetica, pulsa sul ritmo del bello che agevola l’emersione di contenuti difficili e fluidifica grovigli apparentemente inaccessibili. Nelle sue poesie, etica ed estetica danzano insieme creando uno scenario che consente di recuperare il lato poetico nella prosa della vita, anche di quella vita che si spacca, si ferisce e sanguina (trauma dal greco traumòs-ferita con effrazione di sangue).
 
Come si può entrare nella ferita, nel trauma, in maniera etica, estetica e generativa?
 
Tra gli strumenti peculiari dell’approccio sistemico-relazionale, gli autori ritengono che l’Oggetto fluttuante proposto da Caillè (2005) possa fare al caso nostro: questo strumento apre a spazi creativi che stimolano e valorizzano la specificità di ciascuno in modo che ognuno diventi protagonista attivo e prenda in mano il destino della propria esistenza. Il gande punto di forza di questo metodo di intervista risiede nel suo essere metaforico. La metafora, dal greco meta (oltre, al di là) phorein (trasportare da un posto all’altro), consente da una parte di aggirare l’ostacolo del tocco diretto delle emozioni che altrimenti si ritrarrebbero, dall’altra di creare una situazione propulsiva di nuove ed altre prospettive.
La metafora, introducendo linguaggi e contesti poetici ad alto valore estetico, va nella direzione di un cambiamento della situazione in senso migliorativo in quanto la premessa dell’uso della metafora risiede nell’idea che la bellezza sia fluidificante e che l’arte e l’estetica agevolino l’emersione di contenuti difficili.
Se l’oggetto di cui parla Caillè è un metodo di intervista sistemica di tipo metaforico, il termine fluttuante fa riferimento all’idea che, tale oggetto, sia posto in uno spazio intermedio tra il sistema ed il terapeuta, tra i lettori/pubblico e l’artista che valorizza e stimola, attraverso l’uso di metafore e simboli, la capacità e la specificità di ognuno. L’oggetto fluttuante è in un qualche modo “galleggiante”, sospeso nello spazio esistente tra il narratore ed i narrati, riempito di significati che entrambi vedono: insieme co-costruiscono una storia, diversa in funzione delle premesse.
Caillè sostiene che il terapeuta deve proporsi come capace di "suscitare delle risonanze sensoriali, emozionali ed intellettuali che stimoleranno le risorse relazionali e strutturali produttrici di trasformazione" [1]
Rupi Kaur è questa.



articolo di Paolo Chierchia e Rossella Cocchi



Bibliografia
   
 
 
 
 
 
[1] Caillé, P., Rey Y, Gli oggetti fluttuanti. Metodi di interviste sistematiche, Roma, Armando, 2005 (Cit pag 172)
 



 
CHI SONO
PSICOLOGO A PARMA
Sono uno Psicologo-Psicoterapeuta iscritto all’Ordine degli Psicologi Dell’Emilia Romagna. Fin dall’inizio ho avuto la fortuna di fare esperienza in ambiti diversi e di non accontentarmi mai di quanto appreso. Mi sono occupato già dal percorso di studi di valutazioni cogniti [...]
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